"Dal punto di vista architettonico, l’edificio si trova tra Occidente ed Oriente, tra passato e futuro"
(Hjalmar Torp, Il Tempietto longobardo: la cappella palatina di Cividale)

 

Le parole del professor Torp, ci offrono una straordinaria chiave di lettura per comprendere l’edificio più iconografico di epoca longobarda.
Varcando la piccola porta d’entrata riservata a noi, visitatori del XXI secolo, ricavata da una piccola sacrestia, ci ritroviamo immediatamente nell’edificio originale del Tempietto Longobardo,  più precisamente nel suo stretto presbiterio, ma la nostra attenzione viene presto attirata dalla luminosità alla nostra sinistra, oltre il basso parapetto: ci si apre  davanti agli occhi un’aula quadrata, appena 6 metri di lato ma straordinariamente slanciata in altezza,  che ci offre uno spettacolare colpo d’occhio su una parete decorata da un insieme raffinato ed elegante di affreschi e di stucchi, delicati, eppure allo stesso tempo imponenti, dove sei figure femminili, quasi a grandezza naturale, ci sovrastano dall’alto.

 
 
Decorazioni a stucco con Sante e martiri


Stiamo ammirando una delle più splendide e ambiziose commissioni giunte sino a noi dall’VIII secolo: il Tempietto Longobardo è la massima espressione di uno straordinario processo di interscambio ed integrazione culturale tra le originarie esperienze alto-germaniche, quelle locali (romana e bizantina) e gli apporti di aree mediterranee ed orientali, che ha caratterizzato il mondo longobardo in Italia.

 

L''arcone sopra l''ingresso

Osservando l’affresco raffigurante il Cristo–Luce all’interno della lunetta incorniciata dall’arcone che riproduce un elaborato e raffinato intreccio di pampini e grappoli d’uva,  così come in quello dedicato alla vergine Hodighitria, ancora leggibile sulla parete laterale, rintracciamo la ricezione iconografica dall’arte imperiale romana e di quella pre-iconoclasta bizantina; ammirando poi le sei figure femminili, statuarie e dalla forma quasi a tutto tondo, oltre all’immediato riferimento ai monumenti romani, possiamo intuire come gli studiosi ritengano probabile che ci fossero tra le maestranze all’opera nell’edificio anche artisti e artigiani di provenienza orientale, probabilmente siro-palestinesi.

Un’opera così elegante, ricca e maestosa è stata certamente commissionata da figure appartenenti ai vertici dell’élite della società longobarda, che desiderava legittimare il proprio dominio e lo status di vincitori proclamando, attraverso l’arte. il proprio legame col grande passato dei vinti.

 
 
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