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San Giovanni in Valle

La chiesa

La chiesa è uno degli edifici di culto più antichi della città. Poco ancora si conosce sulla sua origine.

Alcuni frammenti scultorei databili tra l’avanzato VI e il principio del VII secolo, che fino al settecento erano murati sulla sua facciata e che si presume provengano dall’originario decoro della chiesa, sembrerebbero suggerire la sua origine nell’ambito della gastaldaga longobarda.

Sicuramente doveva esistere verso la metà del VII secolo quando al suo interno, di fronte al presbiterio vennero seppelliti in tombe monumentali dei nobili longobardi.

Recenti indagini ad est dell’edificio chiesa testimoniano che, probabilmente fin dalla sua nascita, la chiesa era forse dotata di un ambiente battesimale posto alle sue spalle.

Tutti questi dati contribuirebbero a confermare la sua funzione, più volte ipotizzata, come chiesa della nobiltà cividalese fin dagli albori della presenza longobarda in città. Considerata la sua complementarietà al nucleo paleocristiano del Duomo, anche dal punto di vista della funzione battesimale, non si può escludere la nascita come polo ariano.

Tra la fine del IX e gli inizi del X secolo vi fu la trasformazione del San Giovanni da luogo di culto della gastaldaga a chiesa monastica.

Poco si conosce però circa la conformazione della chiesa originaria. L’impianto attuale è il prodotto di trasformazioni avvenute tra l’età medievale (metà XIII e XIV secolo) e l’epoca rinascimentale prima del grande ampliamento Settecentesco che portò alla configurazione attuale della chiesa.

 

Le più recenti trasformazioni riguardarono non tanto l’edificio di culto quanto l’ambiente di passaggio dal nartece al chiostro: situazione che compare già in una pianta del convento del 1812.

In particolare venne eliminato il precedente diaframma con duplice arcata, sostituito da un nuovo muro ortogonale alla chiesa. Anche l’interno di questo vano fu suddiviso, cancellando la fisionomia del più antico ingresso monumentale di epoca rinascimentale.

Il portico che definisce il nartece della chiesa venne invece abbassato dopo il terremoto del 1976.

Solo pochi e limitati sondaggi di scavo effettuati nel secolo scorso avevano restituito tracce del primitivo impianto e delle sue successive trasformazioni. Il riesame di questi dati alla luce delle nuove indagini archeologiche e delle analisi sulla stratigrafia muraria consentono di offrire un quadro di massima, tuttora preliminare, delle trasformazioni dell’edificio di culto che riguardano almeno quattro principali fasi architettoniche relative a:


• La chiesa altomedievale
• La chiesa trecentesca
• La chiesa post medievale
• La chiesa del XVII-XVIII secolo, attualmente conservata.

Le tombe monumentali dei nobili longobardi

Come riferisce Lorenzo del Torre, nel 1751, in seguito ai lavori realizzati all’intercno della chiesa, a causa di un fulmine che aveva danneggiato il coro venne fatto un eccezionale ritrovamento, proprio dinnanzi alla gradinata che conduceva all’altare.

Al di sotto del pavimento vennero scoperte delle sepolture longobarde con ricco corredo. Si trattava di tre tombe in sarcofago entro camere in muratura sotterranee.

Numerosi oggetti del corredo andarono dispersi. Si narra della presenza di numerose crocette auree. Oltre al disegno di alcuni di questi oggetti in una stampa dell’epoca rimangono, a testimonianza del ritrovamento, una crocetta aurea con figure umane e un disco raffigurante un cervo, sempre in oro, attualmente visibili nel Museo Archeologico Nazionale.

La tipologia delle sepolture ed il ricco corredo permette di avvicinarle alla tipologia della cosiddetta tomba del Duca Giuslfo emersa in Piazza Paolo Diacono e anch’essa caratterizzata dalla presenza di un sarcofago collocato in una tomba in muratura. Evidentemente si tratta in entrambi i casi di sepolture di personaggi di alto rango della nobiltà longobarda cividalese.

La particolarità delle strutture tombali emerse nella chiesa di San Giovanni sembrerebbe poi ben adeguarsi al loro inserimento nell’ambito del luogo di culto.

Più improbabile pare invece la loro collocazione in un’area funeraria precedente la chiesa.

Le fasi architettoniche dell'edificio
La chiesa altomedievale

Poche sono le tracce per ricostruire la forma della originaria chiesa di San Giovanni.

I limitati scavi compiuti negli anni 50 del XX secolo al suo interno, in prossimità dei gradini dell’altare, hanno portato alla luce un piccolo tratto del muro meridionale presso l’originario presbiterio.

L’antica chiesa era dunque più piccola, in larghezza, e il suo perimetrale sud non coincideva con quello attuale, legato all’ampliamento bassomedievale. Verso nord il muro della chiesa dovrebbe invece corrispondere a quello attuale, riedificato nel Settecento.

In relazione all’originaria struttura presbiteriale erano emersi due pavimenti sovrapposti in cocciopesto. Quello superiore, più recente, risultava relativo ad un rinforzo murario addossato internamente al perimetrale che venne interpretato come una risistemazione del settore presbiteriale, ridimensionato nello spazio e dotato forse di un banco che correva lungo i perimetrali e di un pavimento posto ad una quota più alta rispetto all’aula.

Non vi sono invece elementi chiari in grado di indicare lo sviluppo dei perimetrali est ed ovest. Ad oriente si è ipotizzato che il muro di fondo potesse svilupparsi sulla corda dell’attuale abside, aggiunta nel Cinquecento. Tale andamento ben si integrerebbe con la presenza del volume del battistero individuato nell’ambito degli scavi recentemente eseguiti alle spalle della chiesa.

Per quanto riguarda la facciata, la sua collocazione era stata ipotizzata circa all’altezza delle colonne che tuttora reggono il soppalco del coro delle monache, in modo tale che l’edificio, a pianta rettangolare, risultasse lungo 21 e ampio circa 9 metri.

Probabilmente al lato nord della chiesa originaria si affiancavano degli ulteriori ambienti come sembrerebbe indicare la presenza di brani murari tra cui quello riferibile ad una porta con arco rinvenuta in una stanza posta circa all’altezza del luogo ove si ipotizza vi fosse l’angolo settentrionale della facciata della prima chiesa circa all’altezza nei locali. 

La chiesa di san Giovanni sembra aver convissuto con un edificio posto dinanzi ad essa, discosto pochi metri dalla facciata, che presentava un orientamento divergente. I perimetrali di questo edificio, emersi nelle ricerche archeologici compiute nel 1955 e riscontrati anche nelle recenti indagini, appaiono di fondazione molto antica.

Il rapporto tra la chiesa e questo edificio ad essa antistante è molto importante per comprendere i successivi sviluppi del luogo di culto caratterizzati da una dinamica di trasformazione fortemente condizionata da questa preesistenza che venne sempre rispettata diventando un elemento qualificante del complesso monastico. Si tratta di indizi che testimoniano l’importanza della costruzione, che non si esclude possa essere ricondotta al proprio palazzo del Gastaldo longobardo come è stato proposto.

Tale situazione di rispetto emerge già dalle prime testimonianze relative ad un ampliamento dell’originario edificio di culto, che sarebbe avvenuto proprio verso ovest con la costruzione di quello che sembra essere un nartece, testimoniato da un muro nord-sud che si troverebbe a circa 3 – 3,50 m. dal tracciato ipotizzato per la facciata originaria. Questo muro, dello spessore di circa 50 cm, appare leggermente inclinato da sud-ovest verso nord-est rispetto all’andamento dei perimetrali nord e sud, quasi per tentare un adeguamento all’orientamento dell’edificio antistante.

Difficile inquadrare cronologicamente questa fase architettonica. Il fatto che il presunto nartece sia frutto di un’evoluzione del primo impianto potrebbe esser testimoniato dalla quota sensibilmente più alta delle fondazioni.

Il muro del presunto nartece venne poi dotato di un rinforzo forse nell’ambito di una nuova ridefinizione della facciata della chiesa.

Interventi nell’edificio dovettero essere realizzati dopo il terremoto del XIII secolo che aveva creato gravi danni anche alla chiesa oltre che al Tempietto Longobardo. Le fonti riferiscono infatti di opere eseguite sotto la badessa Gisla de Pertica nel 1242, con lavori che sembrerebbero riguardare soprattutto il coro che portarono alla riconsacrazione dell’altare maggiore della chiesa, dedicato a S. Giovanni Battista e a S. Giovanni Evangelista, nonché ad un altro altare dedicato a tutti i Santi. Una lapide di consacrazione del 1242, conservata in una trascrizione posteriore, fa intendere una estesa fase di restauri del coro. Non si esclude che in questo momento possa essere stato modificato anche il fronte orientale della chiesa.

La chiesa trecentesca

Un’epigrafe murata sulla facciata della chiesa ricorda la sua riedificazione mentre era badessa Margherita della Torre, che resse il monastero tra 1371 e 1384.

Le tracce di questo rinnovamento emergono sia dagli scavi che dalla lettura delle stratificazioni muraria per quel che riguarda il perimetrale sud e la facciata, mentre non vi sono elementi certi circa il muro nord e la conclusione orientale.

Le ricerche archeologiche nell’area presbiteriale hanno dimostrato che il perimetrale meridionale fu ricostruito spostato più a sud, sull’allineamento tuttora conservato, connesso ad un nuovo pavimento ad una quota più alta che aveva obliterato le originarie strutture. La chiesa venne quindi ampliata in larghezza verso meridione mentre a nord mantenne l’allineamento originario. All’esterno, la muratura nell’angolo sud-est, mostra come la nuova edificazione mantenesse verso oriente lo stesso limite ipotizzabile per la precedente chiesa. L’apparato murario in questa zona è caratterizzato da bozze di pietra poste in opera a corsi orizzontali con malta di calce e sabbia molto fina che conserva ancora tratti di una malta di finitura con stilatura del giunto. Il muro presenta un dente a circa 1,50 m dal piano di campagna, dopo il quale il filo arretra.

Una simile caratteristica e la stessa tecnica di messa in opera è stata riscontrata anche su alcune porzioni dell’odierna facciata dell’edificio dopo i recenti restauri che hanno permesso di eliminare l’intonaco cementizio che la ricopriva nella parte inferiore. È stato così possibile confermare come in questa fase di riedificazione anche il settore occidentale venne ampliato portando il muro ovest sino all’attuale allineamento.

Questo sembrava già confermato dalla presenza di affreschi del tardo trecento nelle nicchie presenti nella parte superiore della facciata.

Recenti analisi della muratura hanno poi consentito il riconoscimento dei limiti dell’antico portale, spostato verso sud rispetto all’attuale, e del profilo del timpano che coronava la parte superiore della facciata della chiesa realizzata dalla badessa Margherita della Torre

È stato inoltre possibile appurare come la terminazione occidentale del San Giovanni fosse fortemente condizionata dalla presenza dell’antico edificio posto dinnanzi alla chiesa con orientamento divergente, probabilmente riferibile al palazzo del Gastaldo. Questo era ancora in uso e venne rispettato dal nuovo impianto che vi si addossò inglobandolo, con l’angolo nord-ovest della facciata che, impostato sul perimetrale est dell’antico edificio, dovette risultare innaturalmente smussato, sia all’interno che esterno.

Questa anomala situazione architettonica poteva consentire un collegamento diretto fra la chiesa e il lato sud-occidentale del chiostro, in particolar modo al piano sopraelevato. Potrebbe essere questa la spiegazione della soluzione anomala adottata per la chiesa di Margherita, come emerge anche dalle ipotesi di ricostruzione dello spazio interno del luogo di culto.

Non vi sono chiari indizi del piano pavimentale di questa chiesa che doveva trovarsi ad una quota di circa 40 cm sotto l’attuale.

Un ultimo aspetto riguarda la costruzione del campanile contiguo al lato meridionale della facciata. Questo appare sicuramente in addosso alla muratura trecentesca e realizzato con una tecnica costruttiva diversa. Non è chiaro quando venne aggiunto, se poco dopo la costruzione della chiesa di Margherita della Torre oppure durante il secolo successivo. Sicuramente esisteva prima del 1521 quando venne risistemato.

 

La chiesa post medievale

Le fasi di trasformazione dell’impianto architettonico riconducibili alla fine del Trecento sembrerebbero riguardare l’aggiunta di una grande abside verso oriente e la ridefinizione dello spazio interno verso occidente, reso unitario grazie all’eliminazione dell’antico diaframma, alle cui strutture si sovrappose, verso nord, anche una tomba. Probabilmente ciò comportò la risistemazione del coro sopraelevato presso la controfacciata e la stesura di un nuovo pavimento rappresentato da un piano di tavelle di cotto. Di conseguenza anche l’ingresso dovette essere rialzato, come testimonierebbe il tamponamento in laterizi del portale documentato negli scavi del 1955.

La sopraelevazione dei livelli d’uso dovette interessare anche l’area immediatamente all’esterno della chiesa, verso occidente. Qui, infatti, grazie alle recenti analisi della stratificazione costruttiva sono emerse significative tracce di una nuova sistemazione dell’antico edificio addossato all’angolo nord-ovest della chiesa.

Nel perimetrale di questo edificio venne aperto un duplice arco in laterizi con uno stipite collocato proprio nel punto di congiunzione con la facciata della chiesa. L’antico edificio presso il San Giovanni continuò quindi ad avere una centralità nel rapporto tra la chiesa e il monastero, anche se venne trasformato nella forma e nelle funzioni; non si esclude che a partire da questo momento venne anche dotato di un maggiore sviluppo in elevato.

Il duplice arco addossato all’angolo nord occidentale della chiesa era relativo ad un nuovo ingresso monumentale al chiostro con un corridoio il cui solaio era decorato con pettenelle dipinte con alcuni stemmi, databili fra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI. Una delle formelle presenta lo stemma della famiglia Formentini e quindi si può fare riferimento a due badesse, Elisabetta Formentini (1492- 1516) e a Relinta Formentini de Cusano (1517-1548). In particolare sotto la reggenza di quest’ultima si realizzarono importanti lavori nel complesso monumentale, quali l’ampliamento del chiostro includendo anche le case degli Ebrei e la sinagoga, precedentemente acquistate.

Probabilmente danneggiato dal terremoto del 1511, venne anche rifatta sotto la sua reggenza anche la parte superiore del campanile come si legge nella lastra lapidea che è ancora lì inserita e che recita: “RIILINTIS. QUODAM / RODOLFI. FRUMENTINI / REGULI- CUSANESSIS / FILIA. HVIVSQUE / MONASTERII. ANTISTITA / ANNO.SALUTIS / M.D.XXI. FECIT”.

Per essa dipinsero Pellegrino da San Daniele e Girolamo d’Udine, ma non rimangono opere di questi autori legati al Monastero o alla chiesa mentre una pala orna attualmente l’altare a sinistra nell’aula del San Giovanni.

La chiesa del XVII-XVIII secolo

Tra la fine del Seicento e il Settecento si realizzarono alcuni interventi che diedero alla chiesa la forma attuale. Tutto l’edificio venne notevolmente rialzato come si rileva nella stratificazione della facciata che venne anche ampliata verso nord fino ad invadere con il nuovo angolo l’ambiente di comunicazione con il chiostro. Anche il sistema degli accessi venne modificato con il portale centrale che fu spostato al centro del muro ovest.

Probabilmente questi interventi fanno parte di un unico progetto di rinnovamento realizzato negli ultimi decenni del XVII secolo e concluso nel 1694 come riporta la data incisa sull’architrave del nuovo portale: ANNO DOMINI MDCXIV.

La sopraelevazione della chiesa e la ridefinizione della facciata dovevano già essere terminate quando si completò anche l’innalzamento del campanile avvenuto nel 1724 come ricorda l’Iscrizione incisa su lastra in marmo su di esso apposta: “HINC / ELLEVATA / ILL.MA/ ABB.A / NICOLETTI / MDCCXXIIII”. Nei primi tre decenni del XVIII secolo, infatti, un’importante fase di lavori interessò il complesso monumentale sotto la guida del capomastro Luca Andrioli; in particolare, si tratta della ridefinizione del lato est del chiostro, di ampie sopraelevazioni dei corpi di fabbrica lungo via Monastero Maggiore e nell’ambito del Refettorio. Nel terzo quarto del XVIII secolo ulteriori radicali restauri vennero eseguiti nella chiesa. Come sappiamo da una lettera del canonico Lorenzo del Torre, le distruzioni provocate nel 1751 da un fulmine determinarono una serie di interventi: “si pensò al rifacimento del coro rovinato e nello stesso tempo presero quelle religiosissime madri la risoluzione di risarcire le antiche mura della chiesa già dalle fondamenta vacillanti e di rimodernarla con l’aggiunta di due altari”.

I lavori si conclusero nel 1776 con l’aggiunta della sacrestia a ridosso del campanile, lungo il lato meridionale dell’edificio, mentre un nartece venne edificato dinnanzi alla chiesa, collegato al vano che permetteva di giungere nel chiostro.

Il periodo tra l’ultimo quarto del Seicento e il Settecento sembra essere stato un momento di particolare fermento nelle opere che riguardano la chiesa di San Giovanni e proprio in questo periodo si diede nuova forma anche all’interno dell’edificio.

Fu infatti rinnovato il sistema di sostegni per il coro sopraelevato posto nel settore occidentale, mentre le pareti nord e sud furono movimentate da lesene.

L’altare maggiore venne completato nel 1674 dal maestro Paolo Zuliani di Venezia decorato poi nel 1700 da quattro angeli prodotti dallo scultore Antonio Comaretto da Gemona e da tre pale del 1750 del bolognese Ercole Graziani che rappresentano al centro l’Assunta e ai lati San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista.

Gli altari laterali, nell’aula, sono stati eseguiti in finto marmo da Giacomo Vassalli di Lugano e furono arricchiti da una pala con San Michele Arcangelo, S. Benedetto e S. Chiara, quello di destra, realizzata dal Veneziano Piero Antonio Novelli (1724), mentre su quello di sinistra venne posta la pala con S. Orsola fra le compagne, firmata da Palma il Giovane e originariamente dipinta per il monastero di Cella.

Come il rinnovamento architettonico anche l’abbellimento della chiesa continuò comunque per tutto il Settecento come testimonia l’affresco di San Giovanni sul soffitto dell’edificio, realizzato nel 1771 da Giuseppe Dizioni.

Frammenti scultorei dell'arredo della chiesa

Proprio alla chiesa di San Giovanni vanno riferiti la maggior parte dei frammenti scultorei di arredo liturgico che facevano parte fino a qualche tempo fa della cosiddetta Collezione del Tempietto e che si trovano ora collocati oltre che nel Monastero anche nel Museo Archeologico e nel museo Cristiano, ma che ben presto potranno essere riuniti e trovare nuova collocazione nel costituendo Museo del Monastero e del Tempietto.

Le opere che più esplicitamente paiono riconducibili ad un’antica fase della chiesa di San Giovanni, forse proprio quella originaria, sono rappresentate da una probabile lunetta e un'architrave di porta, che nel XVIII secolo risultavano murate nella facciata dell’edificio. Sono realizzate secondo modi che richiamano l’esemplificazione delle ultime produzioni bizantine piuttosto che le rappresentazioni altomedievali, tanto da far pensare ad una cronologia tra l’avanzato VI e, forse, gli inizi del VII secolo

Nonostante alcune differenze di stile – con la lunetta che appare più equilibrata ed elegante - potevano forse appartenere fin dal principio ad un insieme omogeneo posto a decorare una porta d’ingresso alla chiesa.

Un abbellimento della chiesa nella prima metà dell’VIII secolo è testimoniato da una pregevole lastra con agnelli crociferi e altri animali dinnanzi al catharos che recupera i motivi della tradizione paleocristiana, ormai reinterpretata però secondo un diverso linguaggio stilistico. Questa lastra è un esempio della significativa e ricca stagione scultorea che si sviluppa a Cividale durante il regno del Duca Pemone e del Patriarca Callisto, con opere che si impongono per la loro qualità nel panorama della cosiddetta rinascenza Liutprandea e ne costituiscono un momento trainante.

Un più importante rifacimento dell’arredo presbiteriale della chiesa, con grandi lastre in cui si privilegiano decorazioni floreali inscritte in spazi modulari, sembra invece risalire al periodo successivo, inquadrabile a cavallo della metà dell’VIII secolo, forse già al principio del lungo trentennio del Patriarcato di Sigualdo (756-787): un’età ricca  di influssi ed esperienze in cui si compongono una pluralità di linguaggi e in cui trova posto anche la decorazione plastica di stucchi e laterizi espresse nell’apparato decorativo del Tempietto.

I più tardi sviluppi del linguaggio scultoreo tardo longobardo  vengono poi offerti anche da altri elementi provenienti dal San Giovanni o più in generale dal Monastero, come le lastre reimpiegate nella del cosiddetta Tomba di Piltrude, che si possono vedere nel Tempietto, o una da una serie di elementi, in particolare lastre e timpani, caratterizzati dal frequente uso di tralci vegetali a girali chiusi da fettucce con due o tre forellini, dal decoro con fasce di S affrontate e tra loro legate e da raffigurazione di animali molto più schematizzate e con un rilievo più appiattito rispetto alle precedenti esperienze.

Interessanti anche due capitelli di imitazione corinzia, di grandi dimensioni che provengono da un colonnato con funzione strutturale. Uno di questi esemplari del Museo Archeologico è chiaramente avvicinabile ai capitelli della pergola e del presbiterio del Tempietto, anche se con una maggiore sommarietà e imprecisione nella lavorazione.

L’ultima fase di rinnovamento del San Giovanni documentata da arredi scultorei è invece relativa al rifacimento di epoca carolingia della recinzione presbiteriale.

Rifacimento di epoca carolingia della recinzione presbiteriale

Verso la fine dell’VIII secolo si nota un generale e ampio mutamento nei modelli e nelle concezioni decorative degli arredi liturgici. La forte spinta al rinnovamento che emerse nel mondo carolingio fin dai decenni iniziali del regno di Carlo Magno, produsse infatti ben presto anche nell’ambito scultoreo un adeguamento a canoni diversi, in cui prese sempre maggior spazio.

Ciò si riscontra anche a Cividale probabilmente già a partire dal patriarcato di Paolino (787-802), nella prima età carolingia, dove un importante attività di rifacimento interno degli arredi interessò sia il complesso episcopale sia San Giovanni in Valle

Alcuni frammenti scolpiti, provenienti dal Monastero, costituiscono una importante testimonianza degli abbellimenti avvenuti nella chiesa durante questo periodo.

Si tratta in particolare di alcuni plutei e pilastrini con la tipica decorazione ad intreccio geometrico di matasse a tre vimini tra cui campeggiano a volte degli animali e che permettono di formulare ipotesi per ricomporre l’immagine del fronte del presbiterio carolingio del San Giovanni in Valle.

Un possibile ambiente battesimale

Durante la prima fase dei lavori di valorizzazione del complesso monastico, realizzati nel 2008 e volti ad una migliore fruizione del Tempietto Longobardo e del chiostro del Monastero, sono state effettuate delle ricerche archeologiche in più punti del complesso. Un’indagine è stata compiuta anche nella zona tra la parete sud del Tempietto e l’abside della chiesa di San Giovanni, consentendo di recuperare importanti informazioni sulla frequentazione dell’area della gastaldaga e sull’organizzazione degli edifici di culto.

Lo scavo ha portato alla luce una prima fase di occupazione testimoniata dai resti di grandi ambienti mosaicati le cui tracce erano già emerse nei sondaggi effettuati durante i restauri del 1962 all’interno della sacrestia. A del Tempietto. Si tratta di grandi stanze comunicanti, che probabilmente si estendevano verso est ben più in là del limite attuale delle sponde del Natisone, la cui posizione è evidentemente il risultato di crolli avvenuti nel corso del tempo.

Al di sopra di questa fase strutturale si è impostata poi la costruzione di un edificio absidato, posto immediatamente alle spalle della chiesa di San Giovanni, in asse con essa. La nuova costruzione pare inserirsi all'interno degli ambienti più antichi che vennero riutilizzati e dotati di un nuovo piano in cocciopesto, sopra l'originario pavimento musivo. 

Purtroppo non vi sono attualmente dati per comprendere la relazione cronologica tra l'ambiente absidato e la costruzione del Tempietto anche se non si esclude che in un certo momento le due costruzioni abbiano potuto convivere.

Dell'edificio absidato non si conservano i piani pavimentali interni all’emiciclo, completamente asportati dalle successive attività che si sono sviluppate nell'area.

La funzione di questo edificio come battistero sembrerebbe suggerita dai limitati resti di un invaso, posto in asse con il centro dell'abside, che pare dotato di gradini rivestiti in malta di cocciopesto e di un fondo realizzato con lastre marmoree che pare avere una forma esagonale.

Suggestiva appare quindi l'ipotesi di ricondurre l’invaso ad un fonte esagonale, piuttosto che ad un loculo per reliquie, e magari avvicinare proprio ad esso un archetto di ciborio di forma esagonale, conservato nel Museo Archeologico Nazionale, eseguito da una bottega assai vicina, come qualità formale, a quella che ha lavorato alla decorazione del fonte del Duomo per la committenza del Patriarca Callisto. Entrambe queste opere furono eseguite tra il quarto e quinto decennio dell'VIII secolo, forse anche da un'unica bottega. Se così fosse avremo una conferma dell'esistenza del fonte della gastaldaga nella prima metà dell'VIII secolo.

L'edifico absidato battesimale collegato alla chiesa di San Giovanni in Valle ebbe una fine abbastanza precoce visto che l'area fu destinata probabilmente già verso la fine dell'altomedioevo (forse a partire dal X-XI secolo) a divenire uno spazio funerario del monastero. Numerose sono le sepolture rinvenute, relative ad individui di sesso femminile di varia età.